Halloween
o HOLY-ween?
Halloween o HOLY-ween?
Noi diventiamo quello che desideriamo. Allora in questi giorni al posto della zucca vuota metti la testa, magari con l'aureola!
Halloween nella tradizione celtica era la festa di fine dell’estate: segnava la fine del tempo della luce e l’inizio di quello oscuro. Il nome in inglese antico è "Hallows Eve”, cioè vigilia dei santi. È il momento in cui il buio occupa la maggior parte del giorno, in cui le ombre inghiottono la realtà. È esattamente il contrario della data di Pasqua: il solstizio di primavera, giorno nel quale la luce vince la notte.
Si trasforma nella tradizione americana in una leggenda che narra che nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre i morti tornano sulla terra e cercano di rubare la vita agli uomini. Per paura i vivi scappano. È per difendersi che ci si maschera da morti, streghe e fantasmi così da essere confusi tra gli spiriti e non essere svuotati.
Dolcetto o scherzetto? Secondo la leggenda i dolci erano usati dalle fate cattive o dalle streghe per scoprire quali fossero gli umani mascherati (perché i morti non mangiano).
Nella stessa data noi celebriamo la festa dei santi e dei morti. Halloween dovrebbe diventare per noi HOLY-ween. I nostri morti, i santi casalinghi, sono i nostri angeli custodi. La fede ci invita ad essere pellegrini al cimitero perché
noi non scappiamo dai morti, ma andiamo loro incontro.
Ecco allora che HOLY-ween, la festa dei santi è la festa degli intelligenti.
L'intelligenza non è sapere tanto, questa è saccenza.
L'intelligenza non è data da pergamene di laurea inquadrettate.
L'intelligenza è ciò che ci viene consegnato dall'origine latina di questa parola: intus-legere.
La capacità di leggere dentro, di leggere a fondo, di andare in profondità.
Un famoso libro di Hannah Arendt titola “La banalità del male”. Quanto è vero. Il male è appunto il contrario dell'intelligenza proprio perché è banale. È mediocrità. È non senso.
Ma non solo. C'è l'altra faccia della stessa medaglia del male che per noi è ancora più pericolosa: è la malvagità della banalità. Questa è il contrario della santità perché è stropicciare la vita.
La banalità del male ferisce la storia. La malvagità della banalità avvelena la vita.
Ci aiuta oggi un poeta turco Hikmet Nazim (1933-1962) con questo suo scritto: “Ultima lettera a mio figlio”.
Non vivere su questa terra come un estraneo e come un vagabondo sognatore.
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare, ma prima di tutto credi all’uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell’astro che si spegne, dell’animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza e il dolore dell’uomo.
Ti diano gioia tutti i beni della terra:
l’ombra e la luce ti diano gioia, le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani, ti dia gioia l’uomo.
Questa è la festa degli intelligenti, questa è la festa di chi sa “intus-legere”: leggere e gustare dentro, questa è la festa di coloro che vivono il Vangelo delle beatitudini, questa è HOLY-ween, la festa degli uomini "pieni", realizzati.